giovedì 1 marzo 2012

Commento alla novella "La giara"

La giara

Pirandello scrisse prima la novella, poi stese la versione teatrale (molte altre opere teatrali trovano spunto nelle novelle).
Pirandello costruisce, in questa, come in molte altre novelle, una situazione assurda e dunque, pur nella sua drammaticità, comica.
Il personaggio di Don Lollò ricorda quello di Mazzarò: ricco proprietario terriero, non riposa mai, non si concede svaghi, passa il suo tempo a controllare che i suoi contadini e i suoi braccianti svolgano al meglio il lavoro. Litiga molto spesso perché sospetta di tutti e teme che tutti possano ingannarlo e approfittarsi di lui. Sempre pronto a denunciare chiunque e avviare azioni giudiziarie, ricorre spesso al suo avvocato di fiducia. Si fida solo di sé stesso, non accetta consigli se non dal suo avvocato, probabilmente perché è l’unica persona che può far condannare tutti quelli con cui litiga. Crede nella legge e la considera un mezzo difendere i suoi diritti. Impreca, si infuria, minaccia, sempre scontento e sospettoso: non ha mai un attimo di pace. 
Nella sua disperazione c’è una comicità amara. 
I contadini che lavorano per lui temono la sua collera e si prodigano per calmarlo con pazienza. Irascibile, sospettoso, diffidente, resterà vittima della sua stessa diffidenza: mai si è fidato in vita sua, non può fidarsi di Zi Dima, non può credere che il suo mastice sia miracoloso. 
In quel nuovo caso che gli si presenta cerca di mantenere la calma, ma alla fine non può contenere la furia del suo temperamento iracondo e manda in pezzi la sua preziosa giara.

Zi Dima, uomo d’ingegno, astuto, dalla mente attiva, inizialmente pretende che Don Lollò lo faccia uscire dalla giara, ma poi cambia atteggiamento… comprende che la decisione migliore per lui è quella di avere pazienza ed aspettare, infatti capisce che, restando dentro, Don Lollò non potrà usare la giara e dunque dovrà certo prendere una decisione.
Questa novella propone un tema ricorrente in molte opere dello scrittore: il caso.
La giara si rompe per caso, Don Lollò è appunto vittima del caso.
Il caso equivale al disordine e si oppone all’ordine come l’irrazionale si oppone al razionale. I personaggi creati dalla fertilissima immaginazione dello scrittore si muovono in situazioni che si determinano per caso: tendono a ristabilire un ordine razionale, ma non riescono nell’intento.
Zì Dima è presentato come il figlio del diavolo che gli ha dato in sogno la formula per il suo magico mastice. La giara sarà riparata, ma per poco: sull’ordine ricreato prevale di nuovo il disordine, il caos.
La storia, comunque, per una volta, si conclude con la vittoria del sottomesso sul potente che, per una volta rimane beffato. I contadini portano in trionfo colui che è stato capace di beffare il potente.

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