giovedì 8 marzo 2012

Ciaula

La novella è una cruda testimonianza delle disumane condizioni di vita e di lavoro dei minatori siciliani alla fine del 1800.

Con grande abilità, efficacia e sensibilità artistica, Pirandello sa dare una tragica rappresentazione della profonda miseria, non sol fisica, ma anche spirituale, dei minatori, costretti a lavorare come bestie: la brutalità della fatica li ha perfino privati dei sentimenti umani della pietà e della comprensione. Sono infatti spietati gli uni nei confronti degli altri. Non sono più creature umane, sono bestie da lavoro. La loro esistenza è una continua, inesorabile condizione di fatica, interrotta solo da un piatto di minestra e poche ore di sonno.
Ma fra gli stessi derelitti minatori si viene a creare la stessa gerarchia di condizioni e di privilegi che è presente in ogni gruppo sociale: fra tutti è un privilegiato, un fortunato, il sovrastante capo operaio Cacciagallina. Meno fortunati, comunque forti della loro baldanza giovanile, per quanto sfiancati e illividiti dal brutale lavoro, sono i giovani minatori, che riescono a disobbedire al disumano ordine di Cacciagallina che pretendeva rimanessero a lavorare anche dopo il tramonto del sole.
Zi Scarda, invece, ormai anziano, cieco da un occhio, non ha il coraggio di disobbedire, non può permetterselo, non è nella condizione di chi può decidere. Anzi, è addirittura riconoscente nei confronti di Cacciagallina che gli permette ancora di lavorare. D’altra parte, nonostante sia cieco, sa ancora lavorare con tenacia, vigore ed energia: meglio di un giovane si guadagna la misera paga che costituisce l’unica risorsa per mantenere i sette nipotini rimasti orfani quando Calicchio, il loro padre e suo figlio è morto per lo scoppio di una mina in quella stessa miniera.
Ma Zi Scarda è comunque in posizione di vantaggio rispetto al più miserabile e derelitto Ciarla che è alle sue dipendenze: è il suo caruso, l’operaio addetto a trasportare il minerale dalle profondità della miniera alla superficie salendo una pericolosa e scivolosa scala. Con delicatezza commossa, Pirandello, ne descrive l’ebete sorriso sdentato, il logoro consunto sporco abbigliamento, mette in evidenza la sua ingenua ammirazione per il panciotto: lo aveva ricevuto in elemosina, forse, un tempo, era stato davvero elegante e per questo, lui non se ne sentiva degno.
Quella povera creatura, soprannominata Ciaula per l’abitudine di imitare il verso della cornacchia, considera inevitabile e addirittura normale lavorare faticando ininterrottamente: non pensa che qualcuno possa provare pietà per lui, nella sua vita ha sempre e solo lavorato. E’ abituato all’oscurità della miniera, ma ha il terrore dell’oscurità grande e vuota della notte: sente la miniera come una tana che lo protegge. D’altra parte, tutte le sere, dopo il tramonto del sole e il solito povero piatto di minestra, Ciarla si addormenta sul suo saccone di paglia, per terra, nella casa del suo padrone Zi Scarda. Ma la sera in cui era esplosa la mina che aveva ucciso Cavicchio, il figlio di Zi Scarda e accecato un occhio dello stesso Zi Scarda, Ciarla si era nascosto in un antro della miniera e, quando era uscito, aveva provato un angoscioso terrore nella notte buia, non si orientava.
Ora la paura di dover di nuovo affrontare la spaventosa vacuità, il vuoto buio della notte, lo terrorizza. Salendo sulla scala, la fatica di dover portare sulle spalle il pesantissimo carico è vinta dal terrore riuscire nella notte buia. Ma in cima, dalla buca, Ciarla vede quella argentea luminosità. Una profonda commozione sorge nel suo animo che si trasforma di fronte al meraviglioso spettacolo del paesaggio lunare: tanta bellezza è offerta a lui, gratuitamente. Nella capacità di apprezzare la stupefacente bellezza della luna Ciarla, da povera, derelitta bestia da lavoro si trasforma in uomo, capace di provare un profondo sentimento di commozione. Recupera il senso della sua umanità.
La bellezza è una grande consolazione della vita: si offre a tutti gratuitamente, ma molti non sanno né vederla, né apprezzarla; si trova ovunque: nel volto paffuto di un bambino, in una piccola pietra sulla riva del mare, nello scintillio della luce riflessa dall’acqua del fiume… nei mirabili capolavori dell’ingegno umano, che sfiorano la perfezione (poesie, dipinti, costruzioni, statue) La capacità di godere della bellezza è un bene prezioso da sviluppare e coltivare

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